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4 validi motivi per dire NO alla tessera del Tifoso
Scritto da redazioneFC.it   
Mercoledì 14 Luglio 2010 20:06

 (tratto dal Fatto Quotidiano del 14/07 , articolo di Giancarlo Padovan - "Una truffa per marketing") Non è difficile da capire perché quasi nessuno voglia la tessera del tifoso.  Casomai sorprende che ciascuno adduca ragioni diverse, le une dalle altre, o motivazioni ideologiche, in fondo marginali rispetto a quella principale. Che è una,  sola ed economica: offrire uno strumento infallibile per permettere a banche, società sportive e, soprattutto, agenzie di scommesse di censire nuovi potenziali consumatori, oltre che di chiedere più soldi a quelli tradizionali come gli abbonati. Dal  26 di maggio (giorno in cui, a sorpresa ma non certo indebitamente, Daniele De Rossi, dal ritiro azzurro di Sestriere, tuonò proprio contro la tessera del tifoso, provocando la risentita replica del ministro dell’Interno Maroni), ancorché occultata alle masse dal mastodontico evento del Mondiale di Sudafrica, la questione è cresciuta sia tra i tifosi organizzati (e non necessariamente violenti), sia nel management delle società di calcio professionistiche, sia a livello di stampa, e,  dunque, di informazione . Meritorio, perciò degno di segnalazione,  il servizio di copertina de “il salvagente” , settimanale dei diritti dei consumatori che nel numero in edicola, per la firma di Lorenzo Misuraca e sotto il titolo didascalico “Il grande inganno della tessera del tifoso ”, enumera e spiega tutte le perplessità e contraddizioni del provvedimento.  Intanto (servizio de “La Stampa” del 13/07) gli ultrà di Roma, Lazio, Napoli, Bologna, Torino e Atalanta non rinnoveranno l’abbonamento, invitando altri ad emularli. Restano sul piede di guerra e probabilmente si associeranno all’astensione, le curve di Juve,  Catania,  Sampdoria,  Udinese,  Cagliari,  Fiorentina, Genoa e Parma. Tutti, seppur da posizioni diverse, arrivano alla medesima conclusione: così si svuotano gli stadi, anziché riempirli, in compenso, però, si riempiono le casse di qualcun altro. Del resto la rinuncia ai soldi del botteghino è un fatto assodato e accettato. Tuttavia sarebbe semplicemente folle non alimentare il parco clienti costituito dai tifosi e, in parte, dagli sportivi, che fondono la propria passione sull’irrazionale: d’istinto, pancia, senso di appartenenza ad una comunità identificata. Elementi che avvicinano la materia all’antropologia culturale. Le quattro ragioni (almeno) per dire NO alla tessera del tifoso sono le seguenti:
1) Non serve per allontanare i violenti dagli stadi, né per identificarli. Per identificarli bastano e avanzano i biglietti nominali e/o gli abbonamenti. Allontanarli è quasi impossibile – con o senza tessera – perché,  pur da tifoso ospite, il teppista può benissimo accedere ad un altro settore dello stadio, anche se gravato del daspo, visto che pochi lo controllano.
2) Non serve perché è un’operazione di marketing. Leggo da “il salvagente” la dichiarazione del capo della Polizia, Antonio Manganelli: “La tessera nasce storicamente per motivi di marketing, visto che si va verso una cultura della privatizzazione degli stadi. Le società sono imprese con fini di lucro e sono tra le poche aziende che ancora non conoscono la propria clientela”.
3) Non serve perché confligge con la privacy. Le nuove card utilizzeranno un micro chip con tecnologia Rfid.  L’acronimo sta per Radio-frequency-identification,  ovvero identificazione tramite frequenza radio. Ciò permette un intervento immediato sull’identità basato sulla capacità di memorizzare ed accedere ai dati a qualsiasi distanza. Ne discende la rintracciabilità ovunque e comunque di migliaia di italiani titolari di tessera. In materia di Rfid, il Garante della privacy aveva avanzato fondate perplessità in ragione di “forme di controllo sulle persone con rischio di limitarne la libertà”.  Curioso (e sintomatico) apprendere chi fornirà il supporto tecnologico alle società professionistiche per la gestione del Rfid.  Naturalmente si tratta di Telecom Italia, il gestore di telecomunicazione coinvolto negli scandali per lo spionaggio personale ed industriale.  Una garanzia di discrezione .
4) Non serve, anzi ostacola perchè crea ulteriore burocrazia, nonostante le promesse, tutte da verificare, di velocizzare il passaggio ai tornelli o di creare apposite corsie per gli abbonati.

Non bastasse tutto questo per stabilire che siamo in presenza di pretesti commerciali, sarebbe sufficiente leggere le offerte dei club a proposito della molteplicità degli usi previsti per la card.  In pratica si tratta di una carta di credito prepagata e ricaricabile,  gratuita per chi fa l’abbonamento e al costo di 10 euro per chi non lo fa:  si può prelevare dal bancomat, fare il biglietto dell’autobus e così via.  Prezzi e commissioni,  però,  sono stabiliti dalle banche o dalle Poste, oltre che dalle agenzie per le scommesse, più di tutti interessate al profilo del potenziale cliente . Cosa c’entra la tessera del tifoso con la sicurezza e la prevenzione della violenza negli stadi? Ovviamente niente. Ma tutti, a parte gli ultrà, fingono di credere il contrario.